Dalla rivista “Animals” una riflessione sulla coesistenza tra noi e i gatti in un’epoca in cui la natura è sempre più condizionata dalle esigenze della nostra specie, spesso a discapito delle altre. Sotto accusa, soprattutto, la tendenza a sterilizzare non solo i gatti domestici, ma anche quelli che vivono in comunità e i randagi.
Si intitola “The Cohabitation of Humans and Urban Cats in the Anthropocene: The Clash of Welfare Concepts” un commentary che Filip Jaroš, del Dipartimento di filofosia e studi sociali dell’Università di Hradec Králové nella Repubblica Ceca, ha pubblicato sulla rivista Animals. Si tratta di una profonda riflessione sulla coesistenza tra l’uomo e il gatto nelle città dell’attuale era dell’antropocene, in cui la natura viene sempre più condizionata dalle esigenze della nostra specie spesso a discapito delle altre. La conseguenza è che frequentemente il concetto di benessere dei gatti passa in secondo piano rispetto ai bisogni e alle pretese dell’uomo.
Come fa notare Jaroš, negli ambienti urbani la coabitazione tra i gatti, l’uomo e le altre specie rappresenta ormai un complesso problema sociale ed ecologico con importanti risvolti etici. Sono sempre più frequenti gli studi che dipingono il gatto come un pericoloso predatore che rappresenta una minaccia per uccelli, piccoli mammiferi e rettili, o che addirittura può essere il veicolo di gravi malattie. Una interpretazione diametralmente opposta vede invece il gatto come l’animale domestico favorito, assieme al cane, che richiede interventi – anche istituzionali – a favore del suo benessere. Nella nostra epoca, in pratica, il gatto interpreta un duplice ruolo: predatore autonomo o compagno di vita domestico. Da qui l’immagine negativa che caratterizza le colonie di gatti e quella positiva che accompagna i gatti che hanno un padrone.
I modelli della convivenza e le sue contraddizioni
Addentrandosi nella riflessione, il commentary pubblicato su Animals descrive i tratti che caratterizzano i gatti che popolano le città – gatti allo stato brado, gatti randagi, gatti ospitati nei gattili e gatti domestici – e approfondisce i modelli che ne regolano la coabitazione con l’uomo, sottolineandone i tentativi di subordinare i bisogni dell’animale alle esigenze umane, con la tendenza a mascherare queste iniziative come interventi a favore del benessere del gatto. Mette poi in luce le contraddizioni delle misure che vengono sempre più spesso adottate per regolamentare la proliferazione dei gatti allo stato brado – dall’eutanasia al trasferimento in massa ai gattili – sottolineando che se questo approccio dovesse allargarsi ulteriormente finirebbe per determinare la scomparsa di quelle specifiche manifestazioni socio-comportamentali della specie, che vengono rispecchiate dai comportamenti del gatto domestico.
I risvolti socio-culturali della sterilizzazione
Ma sotto accusa viene messa soprattutto la tendenza a mettere in pratica una sterilizzazione indiscriminata che riguarda sia gli animali in libertà sia quelli domestici: nel primo caso per ridurne la proliferazione e i conseguenti disagi per l’uomo, nel caso dei pets per eliminare comportamenti indesiderati. Gli unici gatti risparmiati da questo approccio sono quelli dotati di un pedigree nobile, destinati alla riproduzione e al lucro.
In base al punto di vista di Jaroš, in effetti, l’appropriatezza della sterilizzazione del gatto non è una questione puramente scientifica, ma assume rilevanti risvolti di carattere socio-culturale. L’aspetto positivo, precisa comunque l’autore, è che le campagne di sterilizzazione hanno un impatto limitato. Se così non fosse, determinerebbero un declino accelerato della popolazione di gatti comuni a pelo corto.
E’ importante valorizzare la diversità
In definitiva, il messaggio che emerge dall’articolata dissertazione di Jaroš è che negli ambienti urbani il rapporto tra l’uomo e il gatto è estremamente complesso e che non bisogna mai perdere di vista il valore della diversità della vita sociale dei gatti in ogni sua manifestazione, attribuendo il peso che meritano anche alle caratteristiche dell’animale allo stato brado, rispettando allo stesso tempo le esigenze dei loro simili che vivono in appartamento. Si tratta di un concetto che non è sempre facile mettere in pratica, che richiede continui compromessi e che va ad aprire un dibattito sicuramente più ampio. In ogni caso quella proposta da è una lettura decisamente interessante.
Reference
FonteJaroš F. TheCohabitation of Humans and Urban Cats in the Anthropocene: The Clash of Welfare Concepts. Animals 2021, 11, 705. https://doi.org/10.3390/ani11030705