Gli animali da compagnia sono considerati membri della famiglia da molti proprietari, ormai è noto in letteratura un fenomeno particolare per cui lo stretto contatto tra l’animale da compagnia e il suo proprietario può portare allo scambio e alla comunicazione del microbioma.
Uno studio recente condotto in Repubblica Ceca ha messo in correlazione la popolazione fungina degli animali che vivono in casa con i proprietari con quella dei proprietari e di un gruppo di controllo di soggetti che non condividono l’ambiente domestico con alcun animale da compagnia (gruppo di non prorpietari).
Il micobiota e la biodiversità fungina
L’ecosistema intestinale è composto anche da una componente fungina (micobiota) che può essere inibita competitivamente da una componente batterica in rapida crescita (batteriobiota). Se questo equilibrio viene alterato, ad esempio per effetto di farmaci antibatterici ad ampio spettro (ATB), il micobiota prolifera e può causare micosi.
Il monitoraggio della biodiversità fungina, della trasmissione e della condivisione con gli esseri umani potrebbe evidenziare il potenziale rischio di epidemie di micopatogeni infettivi, dato che lo strettocontatto con gli animali domestici è oggi parte integrante della vita della maggior parte delle persone. A tal fine, è stato definito un indice di contatto (CI) che determina il grado di intimità tra i proprietari e i loro animali domestici.
Lo studio
In totale, 150 proprietari di animali domestici e 135 pets (110 cani, 18 gatti, 4 rettili, 2 porcellini d’India, e un coniglio nano) hanno fornito 911 campioni; 80 non proprietari hanno fornito 320 campioni. Tutti i proprietari hanno compilato un questionario incentrato sul livello di contatto con l’animale domestico e sulle informazioni relative a precedenti trattamenti antibiotici.I risultati sono stati confrontati con quelli dei non proprietari. L’IC era molto alto (IC > 4) in 131 proprietari (87,3%).
In totale sono stati isolati 110 funghi filamentosi (FF).
Nell’anno precedente allo studio, 46 animali domestici, 43 proprietari e 25 non proprietari hanno utilizzato agenti antimicrobici.
I riscontri
Aspergillus niger era il micete più diffuso nei proprietari e negli animali domestici e Alternaria alternata nei soggetti non proprietari.
Il grado di intimità (IC) non sembra avere alcun effetto sull’abbondanza congiunta di FF, mentre il trattamento antibiotico ha avuto un effetto significativo sull’abbondanza di FF soltanto nei non proprietari.
Questo studio fornisce un importante contributo alla comprensione dei rischi e dei benefici di possedere un animale domestico in termini di condivisione dei FF e di mantenimento dell’equilibrio del microbioma nell’uomo. Sembra esserci un equilibrio relativamente stabile tra microbiota fungino e batterico.
Quanto all’obiettivo principale dello studio, ossia verificare se gli isolati fungini potessero essere trasmessi dagli animali domestici ai loro proprietari con aumento del rischio di micosi, i dati ottenuti suggeriscono come uno stretto rapporto tra proprietario e animale domestico non aumenta il rischio per la salute dovuto a micopatogeni o micoallergeni in un soggetto immunocompetente sano.
Unica eccezione, da indagare più a fondo, è data dai dermatofiti che causano infezioni della pelle, dei quali gli animali domestici possono essere portatori asintomatici.
In conclusione
Secondo quanto emerso da questo studio, la condivisione della vita con un animale da compagnia e lo sviluppo di una stretta relazione con lo stesso può rappresentare una stimolazione maggiore per il sistema immunitario del proprietario, supportato dal suo benessere psicologico, rispetto al vivere in una casa disinfettata con un contatto minimo con i microrganismi esterni.
Reference
Reference: Jan Wipler et al. The impact of sharing a home with a pet on the physiological state of the human microbiome: a comprehensive study on the Czech population with a focus on filamentous fungi. ACTA VET. BRNO 2023, 92: 157–170; https://doi.org/10.2754/avb202392020157.