Come per l’uomo, anche nei cani e gatti il microbiota intestinale ricopre un ruolo fondamentale nella salute dell’ospite risentendo di situazioni patologiche o anche promuovendole. I meccanismi che regolano queste dinamiche rimangono tuttavia ancora da approfondire.
È quanto riassume la revisione di Elisabetta Mondo e colleghi dell’Università di Bologna, pubblicata su Open Veterinary Journal.
Batteri soprattutto, ma anche virus, archeae e protozoi. Tutti commensali che, nelle giuste quote e proporzioni , assicurano la salute nostra e dei nostri animali. Fondamentale è infatti il loro apporto nel processo digestivo (delle fibre in particolare), metabolico o immunitario.
D’altra parte, fattori come la dieta, i farmaci, l’età, e altri possono alterarne l’equilibrio instaurando quindi disbiosi fino a favorire lo sviluppo di patologie o, viceversa, esserne una conseguenza.
La disbiosi è generalmente riconducibile a:
- riduzione della diversità batterica
- perdita di batteri buoni
- proliferazione di patogeni
Nonostante la disbiosi sia di per sé un disturbo, ne comporta molti altri tra i quali infiammazione, obesità, allergia, disfunzioni immunitarie. I pattern di alterazione sono tuttavia tutt’altro che ben definiti.
Secondo Minamoto et al. (2014), ad esempio, cani con infiammazione intestinale cronica (IBD, inflammatory bowel disease) presentano un aumento di Gammaproteobacteria contrapposto a un decremento di Erysipelotrichia, Clostridia, e Bacteroidia.
Suchodolski et al. (2012) invece, pur applicando la stessa metodologia di indagine, hanno riscontrato un arricchimento di Sutterella e Clostridium perfringens, e un decremento di Blautia, Ruminococcaceae, e Turicibacter. Comune sembrerebbe però essere la riduzione di diversità nel Clostridium cluster XIVa e IV, attivamente coinvolto nella produzione di acidi grassi a corta catena (SCFAs), indispensabili per il nostro benessere.
Una volta individuata l’alterazione, cresce, anche in ambito veterinario, l’interesse per la messa a punto di interventi mirati per ristabilire l’equilibrio iniziale. Tra questi troviamo la somministrazione di prebiotici e/o probiotici. Partendo dai prebiotici:
- Zentek et al. (2003) ha dimostrato come l’introduzione di 1,5% di inulina possa ridurre il pH fecale e aumentare la popolazione di ceppi buoni quali Bifidobacteria nei cani.
- per Middelbos et al. (2010) il supplemento di quantità relativamente piccole di fibre cambia la struttura del microbiota intestinale aumentando la densità di Firmicutes e diminuendo quella di Fusobacteria.
- Pinna et al. (2018) hanno inoltre visto come svariati minerali migliorino la digeribilità nell’intero tratto gastrointestinale.
Scarse sono invece le ricerche sulla somministrazione di prebiotici nei gatti.
Passando poi ai probiotici, le conoscenze si ampliano leggermente. Tra queste:
- Sauter et al. (2005) conducendo uno studio ex vivo su cani con enteropatia cronica ha visto come un cocktail probiotico a base di Lactobacillus desse effetti positivi sui livelli di citochine e linfociti T
- secondo Rossi et al. (2014) i probiotici promuovo invece l’espressione di linfociti T in cani con IBD con, di contro, un decremento di Faecalibacterium e ripristino dell’equilibrio batterico generale
- Enterococcum faecium somministrato a partire dal primo anno di vita, sembrerebbe dare benefici a livello sia sistemico sia mucosa intestinale
L’ultima frontiera in materia di interventi non farmacologici mirati alla popolazione batterica è infine rappresentata dal trapianto di microbioma fecale. Questa procedura è stata infatti testata su cani con IBD e infezione da Clostridium perfringens non responsivi alla terapia standard dimostrando un significativo miglioramento della consistenza fecale e dell’equilibrio generale.
Il panorama sembra dunque in divenire soprattutto per il mondo felino, più carente di evidenze. La centralità del microbioma nel mantenere la loro salute sembra però confermata supportando perciò la necessità di ulteriori approfondimenti legati soprattutto ai meccanismi che stanno alla base di queste relazioni.